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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675993
Garibaldi, Giuseppe 50 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

ad onta di tante circostanze a noi sfavorevoli. A Mentana, io ho veduto i mercenari fuggire colle baionette alle reni dai nostri catenacci,

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inquisitori, si divertirono a trucidare quegli infelici nostri compagni a colpi di baionetta e col calcio dei fucili.

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generoso patriottismo dei nostri giovani eroi e de’ loro trecento bellicosi compagni, non poteva trovarne l’uscita. «Oggi, - diceva Attilio, - non v’è più

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gravità, con cui i nostri padri, nel Foro, vendevano e comperavano ad alto prezzo il terreno occupato dalle schiere di Annibale vincitore, oppure

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E tutto andò perfettamente per i nostri quasi-naufraghi della Clelia, giacché, per lupo di mare che uno sia, la terra co’ suoi divertimenti, ed i

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sguardo per ogni verso. Salvi! egli finalmente esclamò. Salvi! sin qui non giunsero i nostri persecutori. Uscito colle compagne non potei ristarmi dall

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meritano d’esserlo, ma non esprimeva le sue opinioni che con noi e coi nostri intimi; come ha potuto destare sospetti nella polizia?». Clelia non piangeva ed

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senza munizione, fuggire davanti ai nostri giovani militi. A Mentana, per un’ora, i volontari hanno potuto passeggiare padroni del campo di battaglia

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vedute molte, ma questa pugna che stiamo digerendo sta notte è certo delle più ardue. Mi consola però che questi nostri Romani mostrano ricordarsi de

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questione Romana. Profittando della mia relegazione a Caprera ed ingannando come sempre tutto il mondo, il governo fece assicurare dai nostri stessi

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prospere nazioni dell’orbe». L’argomento trattato da Giulia era un po’ estraneo ai nostri Romani ignari delle cose di mare, essendoché i loro

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riposeremo le membra stanche aspettando le relazioni dei nostri di dentro per assaltare simultaneamente i nemici. Intanto sento il dovere di

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vogliono condannare i reggitori nostri. Un giorno la regina dell’Adriatico portava il suo superbo leone nel lontano oriente, rintuzzava il

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foresta, Attilio disse: «Qui, in questa selva, si rifugiarono gli ultimi avanzi dell’indipendenza Etrusca, battuti e perseguitati dai padri nostri, i

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ma nel sito ove si trovavano i nostri viaggiatori appena se ne sentiva il soffio. «Signora Silvia, - diceva Orazio: - voi con Clelia, adagiatevi qui

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papalini irrompeva contro il portone del lanificio. Di dentro s’eran smorzati tutti i lumi in modo che i birri, veduti dai nostri, non potevano

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. Le armi vi erano veramente ma padroni di quelle armi si trovavano già forti nerbi di truppe e birri pontifici con cui i nostri valorosi amici

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Sul peristilio del castello ove giungevano i nostri quattro viaggiatori scorgevasi una giovine donna, il cui aspetto indicava la matrona romana forse

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mustacchi. Eran proprio dei nostri intrepidi compagni, terrore della birraglia pretesca. Vi lascio pensare. Comandante, qua! gioia reciproca c’inondasse

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riuniti i nostri vecchi conoscenti, Attilio, Muzio, Orazio, Silvio e Gasparo, e con loro tutti quelli dei trecento su’ quali la polizia non aveva

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’inoltrassero nel sotterraneo sotto la scorta del vecchio Dentato e di John. Le altre donne seguirebbero la marcia e per ultimi i nostri amici con quanti

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imbastardirli conservano ancora qualche avanzo dell’antico valore. Ecco lo stato del moderno esercito romano, ed ecco perché i nostri proscritti

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dapprima temuto dai nostri Argonauti era ora ardentemente desiderato poiché lo Yacht privo di quell’aiuto si vedeva spinto verso la spiaggia senza

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immensi spazi dell’Oceano, si aspetta al varco de’ suoi nascondigli, ove deve condurre le prede, e là si cattura. Analoga fu la risoluzione dei nostri

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assedio, pigliassero posizione nelle case di fronte e nelle circonvicine e così continuassero la pugna. I nostri asserragliati e barricati nel

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loro. Ciò sollevò alquanto la miseria dei nostri poveri congiunti, ma Muzio che aveva imparato la sua storia e conosciuta la propria condizione da

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fosse alla testa del popolo nell’assalto del ponte si può indovinare. I nostri cinque, ruggendo come leoni, dopo aver consumate le cariche, avevano

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confessarlo, in quel momento i nostri cari, non men belli e non men coraggiosi, Attilio e Muzio, furono dimenticati dalle nostre eroine. Così è più

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Romano, che erano avvezzi a disprezzare. Giulia, infastidita dall’indecorosa conversazione, s’alzò con contegno altero e dimandò di ritirarsi. I nostri

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erano introdotti molti dei più coraggiosi d’ogni provincia italiana. I nostri vecchi amici Attilio, Muzio, Orazio, ecc., erario al loro posto per

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contare una storia o Cencio, forse da te conosciuta come Romano, e che imparerai se per caso non la conosci; sta attento: Un giorno i nostri padri, stanchi

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nostri nemici». «E Manlio, Aurelia, e Giulia?» disse la donna volta dolorosamente col pensiero a quei cari. «Essi - rispose Orazio - sono probabilmente

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. Dopo due giorni dalla sua partenza da Porto d’Anzo, la Clelia entrava con vele e bandiere spiegate a Porto Longone. Appena ancorata i nostri amici

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pensare, senza tributargli un pensiero di rispetto e di ammirazione. Erano i nostri sul limitare della foresta, ove il sentiero metteva in un ampio

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liberali colla maggiore pacatezza aspettarono l’oste numerosa che doveva giungere coll’ordine preciso di sterminarli. I nostri non mancarono di prendere

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rovina. Di fuori i nostri amici son pronti e noi accusano di neghittosi. L’esercito, meno la parte legata alla pagnotta, è tutto con noi. Le armi che

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delitti, e qui fuori, pronto a fare giustizia degli scellerati stanno Attilio, Muzio, Silvio e venti compagni dei nostri trecento. Questi superbi figli

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Noi lasceremo i nostri amici occupati a consolare l’afflitta Irene per la perdita del fratello che sinceramente amava. Ultimo rampollo dello

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foresta i nostri viaggiatori avevano scorto un antico monumento. Colà egli si credette di trovarsi al sicuro dalle carezze di quel pezzo di galantuomo ch

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in uno stato normale di dissidenze e di guerre intestine per dominarla ai briganti che ai nostri giorni mantiene per impedirne la ricostituzione, io lo

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rischiarato le austere fisionomie dei nostri giovani, quando un fischio simile a sibilo di serpente fece risuonare le antiche volte dello speco. Era questo

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’impronta del romano antico e su cui il compagno poteva fidare come sul proprio ferro. «I nostri sono al loro posto. Li ho rimpiattati», disse Silvio

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, ma che tremante lasciò cadere e non ebbe il coraggio di fermarsi per raccoglierla, e via. I fantasmi altro non erano che i nostri giovani, i quali nel

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de’ nostri cari fu una vera festa per tutti nel castello e per Irene sopra ogn’altro. Pratica del matrimonio silvestre, ch’essa aveva celebrato alcuni

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siamo in pochi per riuscire davvero», rispose Dentato. «Fra un’ora sarà qui Silvio con dieci dei nostri; con tal rinforzo saremo sufficienti ad

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leggeri che un tale impegno lo allontanava ancora più dai nostri amici. Ora dai suoi occhi era caduta la benda e senza quell’impaccio egli potè

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. È un inviato di Roma, e certo c’è del nuovo per noi. Colui è Cencio. Addio!». I nostri lettori ricorderanno l’agente subalterno di Don Procopio, per

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si facevano i quali, benché il governo cercasse di tenerne segreto lo scopo, erano senza dubbio al loro indirizzo, dapprima i nostri amici eseguirono

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dimora di quanto abbisognava; l’abbondante caccia della foresta forniva ogni specie di selvaggina e la galanteria dei nostri giovani romani, specialmente

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britannica. E cosa v’è di perfetto nell’umana famiglia? Ma se v’è popolo ch’io mi compiaccia a paragonare ai nostri antichi padri di Roma, è certamente l

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